Lo ammetto.
E’ andata giù liscia come una oligominerale.
“A Milano l’acqua del rubinetto non è buona”, mi hanno detto. E io me la sono bevuta.
Per fortuna che c’è internet: nella mia cucina si stava già materializzando una brocca con filtro della coop, quando mi sono imbattuto in questo articolo di Altroconsumo. Vi si legge:
L’acqua filtrata da 5 caraffe con filtro è stata messa a confronto con quella dell’acquedotto di Milano per un periodo di circa un mese. L’utilizzo della brocca per filtrare l’acqua del rubinetto è praticamente inutile non solo quando le sostanze indesiderate sono del tutto assenti nell’acqua di partenza, ma anche quando sono presenti in tracce. Alcune cartucce rilasciano ammonio in quantità superiore al limite di legge fissato per le acque destinate al consumo umano. Le brocche tengono a bada i solventi, ma il ristagno dell’acqua nella caraffa causa un generale peggioramento della qualità microbiologica (la carica batterica) e chimica (l’aumento di nitriti) dell’acqua.
Un caso davvero interessante. L’Italia è al primo posto nel mondo per consumo di acqua minerale con 196 litri a testa, seguita da Emirati Arabi e Messico. Il consumo nel nostro paese si è triplicato in 20 anni e ormai il 98% della popolazione beve acqua in bottiglia. Questo nonostante l’acqua minerale costi quasi mille volte in più rispetto a quella del rubinetto e in tempi di crisi non sono certo briciole.
Nel nostro Paese è inoltre diffusa questa convinzione: più l’acqua è dolce più è buona. In realtà un’acqua con valori di durezza molto bassi (quindi dolce come le oligominerali) risulta priva di sali minerali importanti per l’organismo, come osserva Altroconsumo e come risulta da questo studio. Non solo. L’acqua in bottiglia è meno controllata e non riporta in etichetta i risultati sui contaminanti organici (solventi, pesticidi etc.).
Forse ce n’è abbastanza per iniziare a porsi qualche domanda.
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